La definizione di “evangelico”

di Joseph P. Braswell (The Chalcedon Foundation, 1998)

Da una prospettiva strettamente etimologica, “evangelico” denota qualcuno o qualcosa per cui l’evangelo serve in qualche modo come caratteristica significante e distintiva alla quale possa riferirsi come segno identificatore, rendendo “evangelico” un’etichetta adeguatamente descrittiva per propositi di identificazione. Qualcosa o qualcuno può essere etichettato come “evangelico” in quanto l’Evangelo è la caratteristica prominente e notabile dell’identità di una persona o cosa (incluse le idee) tanto da porsi come mezzo sufficiente di caratterizzazione che ci permetta di classificarlo e di differenziarlo per confronto e contrasto rispetto ad altri od altro. Di conseguenza, essere evangelico significa identificarsi con l’Evangelo, o vangelo, tanto che questa identificazione sia per noi il contrassegno d’onore più ambito e valutato: gloriarsi nella Croce e portare la testimonianza del nostro Signore Gesù Cristo. Io sarei estremamente fiero di essere considerato un evangelico in questo senso, perché questo indicherebbe che io ho lasciato che la mia luce risplendesse davanti agli uomini.

Se continuiamo a limitarci all’etimologia, al fine che una persona, un gruppo, un movimento o una teologia possa qualificarsi come “evangelico”, in qualche modo l’Evangelo di Gesù Cristo deve essere basilare, centrale e costitutivo della sua identità, particolarmente caratteristico dell’enfasi che pone in ogni cosa. L’Evangelo deve essere per esso di importanza primaria, di interesse principale, e quest’enfasi deve essere espressa in modo chiaro e indubitabile. Essere veramente “evangelici” significa definire la propria identità in funzione dell’Evangelo, identificarsi nell’Evangelo, orientarsi all’Evangelo, essere guidati dall’Evangelo. Certamente quest’enfasi sull’Evangelo potrebbe probabilmente cadere in una forma di riduzionismo (“nient’altro che l’Evangelo”), oppure questo Evangelo potrebbe essere definito in maniera troppo stretta, ma una tale identificazione dell’evangelicalismo non è né implicita né necessaria nella sua derivazione etimologica. Quest’enfasi sull’Evangelo deve essere solo l’accento rispetto alla sua necessità (il sine qua non del cristianesimo autentico), non la sua presunta sufficienza (come se fosse tutto ciò che davvero importi). Un evangelico deve solo asserire che l’Evangelo stia nel cuore e nell’anima stessa del cristianesimo autentico, e tutto il resto, in qualche modo ne fluirà, deve essere compreso nei suoi termini, od esserne collegato in modo vitale. Dovrà solo sostenere che l’Evangelo illumina l’intero “pacchetto” della fede e della vita cristiana; è il nostro punto di partenza esistenziale, perché è costitutivo per la comprensione che il cristianesimo ha di stesso, qualcosa di genuino per l’identità stessa del cristiano. Egli, quindi, insisterebbe che ogni altra dottrina debba essere portata in rapporto all’Evangelo in quanto implicitamente ivi contenuta, che ogni altra affermazione de la Fede semplicemente esplichi la fede dell’Evangelo nella sua confessione, spiegazione, espressione ed applicazione.

Un tale evangelicalismo è chiaramente espresso nel principio materiale della Riforma protestante, e la Riforma del XVI secolo è veramente un movimento evangelico nel senso migliore del termine: Sola Gratia, Sola Fide, Solus Christus sono affermazioni dell’Evangelo. Lutero sosteneva che l’Evangelo (la giustificazione per fede) è quell’articolo sul quale si regge o cade la Chiesa e, nei suoi sforzi di riforma egli giudicava ogni cosa nella misura in cui essa “predicasse Cristo”. Lungi dall’essere inteso in modo stretto o riduzionista, questi principi della Riforma seguono semplicemente le impronte dell’Apostolo Paolo, che si era riproposto di non sapere altro fra i Corinzi che Cristo Gesù crocifisso, insistendo sul fatto che la nostra fede è vana se Cristo non è risorto secondo l’Evangelo ricevuto. Qualunque siano le dottrine che noi possiamo cogliere dall’epistola di Paolo ai Romani (così ricca di contenuto dottrinale da essere spesso considerata il compendio dell’intera teologia), essa non dovrà che essere esplicazione dell’Evangelo come potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede, attraverso la quale la giustizia di Dio è rivelata da fede a fede. Secondo la comprensione evangelica del compito confessionale e dogmatico, noi entriamo nel campo della teologia cristiana in tutto il suo spessore e latitudine attraverso una comprensione più profonda e piena dell’Evangelo, e lo studio teologico evangelico è fede – fede evangelica – che cerca di comprendere.