Modelli interpretativi per lo studio del libro dell'Apocalisse


L'Apocalisse di Giovanni si inserisce nella tradizione dell'apocalittica giudaica, un genere sorto intorno al 2° sec. a.C., e di cui si hanno precedenti nella cosidetta "Apocalisse di Isaia" (Isaia 24-27), in Ezechiele, in Zaccaria e Daniele. A fianco di questa letteratura profetica canonica, si forma la letteratura apocalittica apocrifa. Ne sono testimonianza il libro di Enoch, il libro dei Giubilei, il Testamento dei 12 Patriarchi, i Salmi di Salomone. Anche gli scritti di Qumran testimoniano di tale corrente apocalittica. La letteratura apocalittica possiede come caratteristica fondamentale il fatto di nascere in un contesto di sofferenze e persecuzioni. Essa ha lo scopo di donare conforto al popolo eletto immerso nella tribolazione, manifestando il piano di Dio. Il secolo presente, dominato dalle forze del male, è destinato alla rovina e dovrà tramite flagelli e catastrofi, far posto a un nuovo mondo sottomesso al volere di Dio. Le apocalissi hanno pertanto un carattere universale e dualista nello stesso tempo: proiettano la storia del popolo di Dio sullo sfondo della storia universale, e interpretano la storia come il terreno di confronto tra le forze del male e quelle del bene, anche se quest'ultime risultano alla fine vincitrici. Caratteristiche del genere apocalittico sono ancora, la rivelazione tramite "visioni" e l'uso intenso di simboli.

Interpretazione Preterista

Questa interpretazione ritiene che il libro dell'Apocalisse abbia a che fare esclusivamente con la situazione della chiesa del I° sec. d.C.
Di conseguenza, l'Impero Romano con il suo intento di perseguitare la chiesa cristiana, dominerebbe il contenuto dell'intero libro. Il veggente Giovanni sarebbe preoccupato solo di incoraggiare la chiesa sparsa sul territorio dell'Impero romano. Oltre a questa situazione circoscritta nel tempo e nello spazio, non vi sarebbe altro. In tale prospettiva, la bestia del capitolo 13 deve essere intesa come una rappresentazione dell'Impero Romano e della sua pretesa di onori divini. Nel libro non sarebbe presente una teologia "escatologica". Tale interpretazione colloca il libro dell'Apocalisse nel genere degli scritti apocalittici giudaici, concepiti per dare coraggio e speranza agli ebrei perseguitati.
Tale interpretazione, che alcuni fanno risalire agli scritti del gesuita Alcasar vissuto nel XVII° sec.d.C., è seguita da molti studiosi, conservatori e liberali. Essa tiene solo in parte conto, dei dati storici forniti dall'opera: l'Impero Romano non fu sconfitto da Dio durante il I° sec. d.C., e certamente i credenti non presero parte a tale vittoria. Inoltre molti fatti presentati dall'Apocalisse, non sembrano essere prossimi al tempo dell'apostolo Giovanni, ad esempio il ritorno di Cristo e la fine di tutte le cose. Il vangelo era stato predicato nelle province dell'Asia Minore, molti vi avevano creduto. A costoro era stato insegnato che Gesù di Nazareth era il Cristo, il Figlio di Dio e Dio Lui stesso. Gesù aveva tutto sotto il proprio controllo, persino la sua morte avvenuta secondo le profezie. Lui era asceso al cielo, promettendo che sarebbe tornato per instaurare in modo definitivo il regno del Padre suo. Da allora non era accaduto altro, la chiesa continuava ad essere un raggruppamento di scarsa rilevanza sociale, senza molta forza per opporsi ai mali dell'Impero Romano. I malvagi prosperavano, l'idolatria si diffondeva indisturbata, addirittura l'imperatore pretendeva di essere adorato come Dio. A causa del loro anticonformismo, i credenti erano fatti segno di discriminazioni e a volte di persecuzioni. Dove era la promessa del ritorno di Cristo? Tutte le cose continuavano come dall'inizio del mondo. L'Impero era più potente di Cristo? L'imperatore reggeva nelle sue mani i destini degli uomini? A ben considerare, tali domande sono quelle che in ogni tempo ogni credente si pone: perchè i malvagi prosperano? perchè i credenti soffrono? perchè Dio ritarda l'adempimento delle sue promesse? ect. Con il nome di "preterismo consistente" si individua un'eresia conosciuta anche con il nome di Imeneismo (da Imeneo in 2Timoteo 2:17). Essa afferma che tra fatti narrati in Apocalisse e realizzatisi nel 70 d.C. con la distruzione di Gerusalemme ad opera dei romani, vi sarebbero anche il ritorno di Gesù Cristo e la risurrezione dei credenti dai morti. Tutti i credenti in Cristo, non sperimenterebbero una letterale risurrezione del corpo, ma soltanto una risurrezione "spirituale", che non risparmierebbe loro la morte fisica, solo dopo la quale sarebbe possibile accedere alla presenza di Dio (R.C. Leonard ' The Promise of His Coming', J. Stuart Russell 'The Parousia').

Interpretazione Idealista

Tale linea interpretativa tenta di tener conto delle obiezioni mose alla teoria preterista; l'Apocalisse non avrebbe a che fare con specifici eventi storici, quanto piuttosto con idee e principi validi per tutti i tempi, e miranti a dare fiducia al credente nella capacità di Dio di tenere sotto controllo il male, e la storia dell'umanità. Questo approccio interpretativo storicista e futurista, è molto recente rispetto a quello preteristico, ma ha molti punti di contatto con l'interpretazione allegorica della scuola alessandrina rappresentata da Clemente ed Origene.
Il pregio di tale interpretazione è che essa permette di avvicinarsi all'Apocalisse come a qualsiasi altro testo edificante della Bibbia.
Lo svantaggio è che tale interpretazione, trascura i dati storici dei capp. 2-3, e non considera a sufficienza quanto il genere apocalittico tenga ai contatti con la storia; inoltre che senso dare a brani come quello di Ap. 4:1, dove è affermato che Gesù intende mostrare quello che "avverrà tra breve" (vedi anche Ap. 2-3).

Interpretazione Storicistica

Coloro che seguono tale linea interpretativa ritengono che il libro dell'Apocalisse sia un sommario dell'intera storia dell'umanità.
Più precisamente, il simbolismo dell'Apocalisse presenterebbe, in grosse linee, la storia dell'Europa occidentale dalla nascita della chiesa, sino al ritorno di Cristo. I riformatori in particolare, seguivano questo tipo di interpretazione, in tale modo risultava appropriato riferirsi al papato come all'anticristo. Gli studiosi da allora hanno ritrovato nelle immagini dell'Apocalisse: la storia medievale e i vari papi che con la loro opera la hanno caratterizzata, la riforma protestante, la rivoluzione francese, Carlomagno, Mussolini ect. Tale interpretazione ha il pregio di considerare la storia interamente sotto il controllo di Dio, ma presta anche il fianco a molte obiezioni, tutte fondate sulla difficoltà di trovare un qualsiasi consenso per quanto concerne gli episodi storici celati dietro le immagini apocalittiche.

Interpretazione Futurista

Coloro che seguono tale interpretazione ritengono che l'Apocalisse, a parte i primi 3 capitoli, tratti con gli eventi che caratterizzeranno la fine dei tempi. Il libro nel suo complesso non avrebbe molto da dire a credenti che hanno vissuto e vivranno prima della fine. Tale interpretazione si divide in due sotto-interpretazioni: il futurismo moderato, e il futurismo estremo.

Futurismo estremo (Walvoord): Nel capitolo 3:10 alla chiesa di Filadelfia è detto "sarai custodito dall'ora della prova che sta per venire sulla terra". Tale affermazione trova riscontro in Ap. 6-18, secondo Giovanni la chiesa di Filadelfia non sperimenterà la tribolazione degli ultimi giorni. E' dunque molto probabile che non solo la chiesa di Filadelfia ma la chiesa nella propria interezza non sperimenterà la tribolazione. Quanto descritto dai sigilli, dalle trombe e dalle coppe (capp. 6-16), immagini individuanti quello che nella scrittura è anche definito come un "tempo di tribolazione per Giacobbe" (Geremia 30:7), accadrà dopo il rapimento della chiesa (1Tessalonicesi 4:16). La tribolazione sarebbe pertanto connessa alle vicende di Israele e non a quelle della chiesa. I giudizi dei sigilli, delle trombe e delle coppe dovrebbero essere intesi in sequenza cronologica e si collocherebbero negli ultimi 3 anni e mezzo dei sette anni illustrati dal profeta Daniele nella profezia delle 70 settimane (Daniele 9:24-27). La conclusione è che i capp. 2-3 trattano con eventi coevi al periodo storico del profeta Giovanni, mentre i capitoli 6-22 hanno a che fare con eventi futuri. Questa interpretazione è principalmente fondata sulla distinzione tra Israele e la Chiesa, e tale distinguo non è unanimemente accettato (ma vedi 1 Corinzi 10:32 e Romani 9-11).  Tra i pregi di tale teoria, è lo spazio accordato ad un approccio storico-grammaticale al libro, e che le chiese dell'Asia Minore dei capp. 2-3 sono intese come reali chiese.

Futurismo moderato (Ladd): secondo tale interpretazione i sigilli, le trombe e le coppe rappresenterebbero altrettante forze di giudizio divine, all'opera nella storia che va dalla risurrezione di Cristo sino a prima del tempo della fine. I sigilli rappresenterebbero i giudizi di Dio presenti nella storia prima della fine, mentre le trombe e le coppe (dal cap.7 in poi) rappresenterebbero i giudizi aventi a che fare con il tempo della fine. Il tempo della fine esarebbe dunque caratterizzato dall'apertura del settimo sigillo (Ap. 6:16-17). I giudizi simboleggiati dalle Trombe e dalle coppe, avrebbero una precisa corrispondenza nei "guai" del cap. 24 del Vangelo di Matteo.

(autore: Domenico Iannone)