La Teoria della "Cornice Letteraria"

Lo scopo della teoria della cosidetta "cornice letteraria" è principalmente quello di rimuove la possibilità di conflitto tra scienza e Bibbia, ed inoltre evitare conflitti interpretativi tra Genesi 1 e 2.
Gli assertori della ipotesi della cornice letteraria affermano che sebbene Genesi 1:1-2:4-25 sembra avere l'apparenza di una narrazione sequenziale, essa andrebbe piuttosto interpretata tipologicamente e non cronologicamente.
Infatti poichè il cap. 2° di Genesi ha molte similarità tematiche con il cap. 1°, essi debbono essere intesi come due differenti resoconti dei medesimi accadimenti, e nonostante la narrazione sequenziale tanto del cap. 1°, quanto del cap. 2°, entrambi vanno intesi non come narrazioni cronologicamente coerenti, ma piuttosto come una esposizione tipologica degli avvenimenti che hanno caratterizzato i rapporti tra Dio e creato.
Tale tipologia sarebbe rivelata dalla struttura stessa dei brani in questione.

A proposito di Genesi 1:1-2:3, Cassuto afferma: "La struttura della nostra sezione è basata su di un sistema di armonia numerica", a ciò fa seguito un dettagliato resoconto dell'importanza del numero sette nel brano (7 giorni della creazione, termini chiave in multipli di sette), e aggiunge: "... una chiara indicazione dell'unità della sezione va vista nella simmetria numerica basata sul numero sette, che troviamo in questa sezione così come nella storia della creazione. Qui, anche, le parole che esprimono i concetti fondamentali del brano ricorrono un dato numero di volte, sette volte o multipli di sette." (U. Cassuto, Ibid., pag. 94).
Il brano non è poesia, ma neppure è prosa. La sua struttura è strofica e attraversata da termini che creano parallelismi (1:27; 2:2) e allitterazioni (1:1).
Ciononostante la costruzione parallela che è la più evidente caratteristica della poesia ebraica è largamente assente in Genesi 1.
L'Antico Testamento contiene poesia in riferimento alla creazione (ad esempio Giobbe 38:4-15; Salmo 104; Isaia 40:21-31), ma la sua forma è molto differente da quella di Gen. 1.
E' difficile sottrarsi all'impressione che Genesi 1 sia una narrazione storica.
Per tale motivo questi studiosi preferiscono parlare di genere "epico". Essi affermano che il linguaggio di Genesi 1 non va inteso in modo letterale, ma come antropomorficamente, per tale motivo il termine "giorno" e l'espressione "sera e mattino" dovrebbero essere intese come antropomorfismi.
Ma in teologia si parla di "antropomorfismo" in relazione ai quei termini che descrivono l'ineffabilità della persona di Dio e della Sua opera, non possiamo applicare esso a altri soggetti. Ma affermare che Dio ha creato i cieli e la terra in sei giorni è usare un linguaggio antropomorfico? I sei giorni della creazione possono essere figurati, letterali o poetici, ma certo non antropomorfici.
Vari tentativi sono stati fatti allo scopo di conciliare i giorni della creazione con le ere geologiche, gli assertori della cornice letteraria ritengono di superare questa strettoia, affermando che i giorni della creazione sono "neutrali" rispetto a qualsiasi tipo di "quantificazione" temporale. Tale affermazione riposa sul fatto che il settimo giorno sembra doversi intendere come "aperto", non essendo concluso dall'espressione canonica "fu sera e fu mattino". Ma il termine "giorno" non è necessariamente da intendersi come un periodo indefinito di tempo, per il fatto che in 2:1-3 sembrerebbe riferito all'eternità, poichè si arriverebbe all'assurdo di intendere ciascun giorno della creazione come eterno. Inoltre gli scrittori biblici testimoniano di una molteplicità di significati attribuibili al medesimo termine all'interno del medesimo scritto (ad esempio l'uso del termine "nomos" in Romani 7).
Non è coerente affermare che "giorno" non deve essere interpretato cronologicamente, perchè il termine sembrerebbe avere un significato non letterale in un paragrafo che comunque appare essere strutturalmente differente dal rimanente del contesto.
Secondo Ebrei 4:3-4, il settimo giorno è espressione del riposo eterno di Dio, esso è figura del riposo promesso ai credenti, ciò non toglie che tale giorno debba essere inteso in un senso letterale, dovrebbe essere notato che il settimo giorno nella propria struttura essenziale non è presentato come diverso rispetto agli altri sei giorni; nella Scrittura non vi sono cenni a proposito di un giorno eterno (certamente non in Ebrei 4:3-5).
Inoltre il settimo giorno è tale in una sequenza di numeri ordinali. Un numero ordinale riflette un ordine: "Primo, secondo, terzo, ect." (va notato che il numero "uno" in Gen. 1:5 è un numero cardinale; vedi anche 2:11). Nella Scrittura un numero ordinale usato con "yom" (giorno) ha sempre un significato sequenziale. Nel Pentateuco i numeri ordinali con la parola "yom" sono usati un centinaio di volte, ciascun brano implica sequenza, e con la possibile eccezione di Gen.2:1-3 (il settimo giorno), tutti i giorni appaiono essere composti di 24 ore. Nel resto dell'Antico Testamento prevale la medesima consuetudine: ogni uso della combinazione è sequenziale con la possibile eccezione di Osea 6:2 : "Dopo due giorni ci ridarà la vita, il terzo giorno ci farà risorgere e noi vivremo alla sua presenza".
In relazione a Gen.2:1-3, il riposo eterno è la realtà mentre il giorno di riposo è il tipo, non dobbiamo confonderela realtà con il tipo., altrimenti il tipo perde il proprio significato.
Affinchè il giorno possa servire come tipo, il settimo giorno viene presentato come non concluso, non diveramente dal trattamento a cui è sottoposta la figura di Melchisedech in Genesi 14. Secondo Ebrei 5:6-10 ed Ebrei 7:1-4, Melchisedech era un tipo di Cristo, significando come Cristo poteva servire come sacerdote nei cieli pur non essendo della casa di Aaronne. Il silenzio di Gen. 14 a proposito della geneaologia di Melchisedech è usato per proporlo come tipo del Cristo che riceve l'ufficio per volontà di Dio e non a causa del proprio lignaggio. Tuttavia Melchisedech era una persona reale che aveva avuto genitori e antenati!
Allo stesso modo bisogna intendere il settimo giorno nel proprio valore tipologico. In Esodo 20:9-11 è affermato: "Lavorerai sei giorni e in essi farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è sabato, sacro all'Eterno, il tuo Dio; non farai in esso alcun lavoro, né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo servo, né la tua serva, né il tuo bestiame, né il forestiero che è dentro alle tue porte; poiché in sei giorni l'Eterno fece i cieli e la terra, il mare e tutto ciò che è in essi, e il settimo giorno si riposò; perciò l'Eterno ha benedetto il giorno di sabato e l'ha santificato."
L'uomo è chiamato ad imitare il modello del lavoro e del riposo messo a punto da Dio. Il lavoro dell'uomo è articolato sulla base dell'attività di Dio, se Dio avesse operato diversamente che in sei giorni, allora il lavoro dell'uomo intervallato da un giorno di riposo non avrebbe alcun sostegno oggettivo.
Anche l'espressione "sera e mattino", non può essere intesa simbolicamente solo perchè non potevano esserci notte e giorno prima della creazione del sole.
L'espressione "sera e mattino" suggerisce la conclusione di un giorno completo, anche se non necessariamente un giorno di 24 ore: Mosè usa l'espressione in 3 occasioni: Es. 27:21 e Lev. 24:3 in relazione all'incarico dei sacerdoti a tenere le lampade accese nel tabernacolo durante la notte; e Num. 9:21, a proposito della nuvola della shekinah che copriva l'accampamento durante la notte. L'espressione suggerirebbe che "notte" (un periodo di oscurità) sia una parte del giorno. Il giorno giudaico, cominciava al tramonto, ma non finiva all'alba. L'espressione "sera e mattino", significa che ciascun giorno terminava con "sera e mattina", cioè con una notte che termina all'alba. Anche tale espressione suggerisce una sequenza cronologica di giorni.

Secondo gli assertori della cornice letteraria, Mosè avrebbe organizzato il contenuto dei giorni della creazione in modo da mettere in parallelo i giorni 1°-2°-3° con i giorni 4°-5°-6°.

  Giorni di Regno   Giorni di Governo
Giorno 1° Luce e tenebre separate Giorno 4° Sole, Luna e stelle (luminari del cielo)
Giorno 2° Cielo e acque separati Giorno 5° Pesci ed uccelli
Giorno 3° Acque asciutte e mari separati, piante ed alberi Giorno 6° Animali ed uomo

In realtà tale corrispondenza non è così esatta come si ritiene.
Il sole, la luna e le stelle creati il 4° giorno come "luminari nel firmamento dei cieli" (Gen. 1:14) non sono posti nello spazio creato durante il 1° giorno, ma piuttosto nel "firmamento" creato il 2° giorno.
Il "firmamento" non è menzionato affatto il 1° giorno, ma ben cinque volte il 2° giorno (Gen. 1:6-8) e tre volte il 4° giorno (Gen. 1:14-19).
Il giorno 4° ha corrispondenza con il 1° giorno (giorno e notte, luce e tenebre), ma se affermiamo che i giorni 4°-5°-6° sono atti creativi che riempiono gli spazi creati nei tre giorni precedenti, notiamo che il 4° giorno si aggancia tanto al 2° quanto al 1° giorno.
Anche il parallelo tra il 2° giorno e il 5°, non appare esatto, poichè la preparazione dello spazio per i pesci e gli uccelli creati il 5° giorno non è creato al 2° giorno, ma al 3°. Solo il 3° giorno Dio raccoglie le acque e le chiama "mari" (Gen. 1:10), e il 5° giorno ai pesci è ordinato di "riempire le acque dei mari" (Gen. 1:22). Anche nei vv. 26, 28 i pesci sono definiti "pesci del mare", dando enfasi alla sfera che loro abitano creata il 3° giorno. Così i pesci appartengono alla sfera creata il 3° giorno, piuttosto che alle acque disperse sotto il firmamento del 2° giorno.
Nel 5° giorno nulla è creato per abitare le "acque sotto il firmamento" create il 2° giorno, le cose volanti create il 5° giorno (l'espressione ebraica indica tanto gli insetti quanto gli uccelli) non solo volano nel cielo creato il 2° giorno, ma vivono e si moltiplicano sulla terra creata il 3° giorno (Gen.1:22).
Anche il parallelo tra il 3° e il 6° giorno non è preciso poichè nulla è creato da Dio nel 6° giorno per riempire i mari creati il 3° giorno.
Gli assertori della "cornice letteraria" vedono una corrispondenza anche tra il 4° e il 1° giorno.
Il 1° giorno Dio creò la luce e separò la luce dalle tenebre, chiamando la luce "giorno" e le tenebre "notte", al 4° giorno è detto che Dio creò i corpi celesti per separare la notte dal giorno (tale evidenza è usata per affermare la non cronologicità degli avvenimenti: se Dio separa la luce dalle tenebre il 1° giorno, ciò significa che in quel giorno creò anche i luminari del cielo).
In realtà Dio il 1° giorno non crea i luminari (corpi celesti), ma la realtà della luce, il fenomeno fisico della luce. La luce in quanto energia è certamente concepibile senza i corpi celesti che la emettono.
Le tenebre furono create con il primo atto creativo (vv.1,2), in seguito venne creata la luce e distinta dalle tenebre, in seguito è assegnato un nome ad entrambe che ha a che fare con l'ordine generale della creazione e il trascorrere del tempo: giorno e notte.
Connotare il "giorno" è lo scopo più immediato della luce, allo stesso modo che la "notte" è lo scopo più immediato delle tenebre.
Il 4° giorno vede la creazione dei corpi celesti (v.16) che scandiranno l'alternanza della luce e delle tenebre, segneranno il tempo (mensile e annuale), serviranno per la navigazione, e influenzeranno le maree e la raccolta.
In tal modo il 4° giorno non risulta essere una semplice ripetizione del 1° giorno, e neppure una ricapitolazione degli atti creativi del 1° giorno. Nessuna funzione è assegnata alla luce il 1° giorno, diverse funzioni sono assegnate ai luminari al 4° giorno.

Gli assertori della cornice letteraria affermano che il racconto di Gen. 2:4-21 presenta un ordine nella creazione differente da quello di Genesi 1, ad esempio in Gen. 2:19, gli animali apparirebbero soltanto dopo la creazione dell'uomo e non precedentemente come in Gen. 1: 24 e inoltre non sembrerebbero esservi state piante precedentemente alla creazione dell'uomo (Gen. 2:5) contrariamente a quanto affermato in Gen. 1:11;
Nel caso si fosse voluto affermare che "gli animali erano stati già formati" si sarebbe dovuto usare la forma (waw+soggetto+predicato) e non piuttosto la forma ebraica waw consecutivo.
Normalmente una narrazione (cronologica o meno) comincia con un qatal (perfetto storico) e continua con un wayyiqtol (waw consecutivo), che se necessario è seguito da un ulteriore wayyiqtols.
In realtà, secondo la grammatica ebraica, nel contesto della narrazione cronologica, il waw consecutivo può essere usato per indicare un tempo precedente al tempo della narrazione principale, e sebbene il suo utilizzo fondamentale è quello di essere il segno di una sequenza, esso può essere utilizzato come elemento di ricapitolazione o come equivalente del trapassato remoto. A causa del suo uso frequente nelle narrazioni, esso può perdere l'idea di sequenza ed esprimere atti simultanei (Giudici 16:23; 1 Sam.18:11).
In Genesi 2:19, comunica l'idea di circostanze anteriori logicamente, il wayyqtol nel testo ebraico ricevuto, deve essere inteso come un trapassato, come ad esempio in Num.1:47-49; ed Esodo 4:11-12,18).
Mosè, usa il waw consecutivo per atti logicamente anteriori o come un trapassato da una parte all'altra del Pentateuco.
Per esempio in Esodo 11:1 Mosè inserisce un waw consecutivo in qualità di trapassato in una narrazione sequenziale per introdurre una rivelazione precedente; la sezione comincia con un waw consecutivo, ma Mosè la introduce nel mezzo del suo ultimo colloquio con Faraone (Esodo 10:24-11:8).
Esodo 11:1-3 ha la funzione di un flashback nel messaggio a Faraone. Esodo 11:1 va tradotto nello stesso modo di Gen.2:19, "Ora il Signore già aveva ect...."
Genesi 2:19 nel contesto di Gen. 1 che descrive la creazione dell'uomo dopo quella degli animali), suggerisce che Mosè sta utilizzando il waw consecutivo o come un trapassato o per indicare circostanze logiche anteriori.
Genesi 2 non è un resoconto parallelo della creazione come suppone H. Blocher.

Mosè introduce Gen. 2 usando la premessa: "Queste sono le origini dei cieli e della terra quando furono creati, nel giorno che l'Eterno Dio fece la terra e i cieli. "
L'espressione "queste sono le origini" è utilizzata 10 volte in Genesi per introdurre una nuova sezione. Invariabilmente, ciò che segue non risulta essere una ripetizione di quanto affermato precedentemente, quanto piuttosto una tematizzazione dell'operato della successiva generazione. Ad esempio in Genesi 5:1 non si sta ripresentando la storia di Adamo, ma quella della sua discendenza giusta.
Quando in Genesi è usata tale formula è offerto tanto un breve sommario di alcune delle cose precedentemente trattate quanto un'introduzione ad ulteriore materiale narrativo basato su quanto appena presentato (Cf. Gen.5:1,2 with 3ff).
Gen.2:5ff. è pertanto un seguito della creazione del mondo, non una riproposizione del medesimo racconto.
Genesi 2:4ff. non è un racconto secondario in conflitto con il cap. 1°, neppure è un test con il quale valutiamo l'ordine cronologico del cap. 1°.
Gen.2:4ss è la narrazione dell'uomo posto nel giardino di Eden e incluso nel patto con Dio, Patto contro il quale si ribella.
Che si voglia attirare l'attenzione sul giardino è probabilmente sottolineato dall'inusuale espressione alla fine del v.4, Mosè invertendo l'ordine normale dell'espressione afferma: "l'Eterno fece terra e cielo", per attirare l'attenzione su quanto sta per svolgersi sulla terra.
Gen.2:4-7 non offre un commento al cap. 1°, nè da un ulteriore resoconto della creazione, ma è una ricapitolazione di alcuni aspetti della creazione allo scopo di mostrare la loro connessione con ulteriori eventi che seguiranno.

In relazione alla creazione delle piante che sembrerebbero non essere state create anteriormente all'uomo, va notato che in Genesi 2:5, non vengono descritte tutte le piante della terra, ma solo due categorie: "piante della campagna" e "arbusti della campagna".
Sebbene gli studiosi siano divisi a proposito di quali piante siano qui significate, si è concordi nel ritenere che i due termini non includano tutta la vegetazione creata da Dio, ma solo a quella del giardino di Eden (versi 8 e 9).
Afferma Cassuto: "L'erba e le piante menzionate in Genesi 2:5-6 non si riferiscono all'intero regno vegetale, ma soltanto a quelle specie vegetali connesse allo stato della terra dopo la caduta e l'inizio della maledizione. L'espressione "`esebh della campagna" comprende grano ed orzo ed altre specie di granaglie di cui il pane è fatto; è ovvio che campi di grano, orzo e simili non esistevano nel mondo fino a che l'uomo cominciò a coltivare la terra.
Nei luoghi, comunque, che non ancora arati, la terra genera spontaneamente, come punizione per l'uomo "spine e triboli", il siah della campagna che vediamo crescere abbondantemente ai nostri giorni nella terra di Israele dopo le piogge. (...) il mondo vegetale, come esso fu concepito il 3° giorno, era composto di quegli alberi, arbusti ed erbe, che naturalmente si autoriproducono tramite seme. Quelle piante che necessitavano di qualcos'altro in addizione al seme, furono escluse, a questa categoria appartenevano, da una parte tutte le specie di grano, che sebbene potessero essere esistite isolatamente qui e là sin dall'inizio, apparvero in forma di campo solo dopo che l'uomo cominciò a coltivare il terreno, e inoltre, spine e triboli, o siah (arbusti) della campagna , i cui semi erano incapaci di propagarsi e crescere in assenza della pioggia.
Dopo l'espulsione dell'uomo dal giardino di Eden, quando fu costretto a coltivare il terreno e la pioggia cominciò a cadere, si diffusero sulla terra spine e triboli e campi di grano: il siah della campagna e lo `esebh della campagna." (U. Cassuto, A Commenatary on the Book of Genesis: Part I, From Adam to Noah, The Magnes Press, The Hebrew University, Jerusalem, 1961, pagg. 102-103).
Tale spiegazione è plausibile. Genesi 2:5-6 mostra come l'ecosistema terrestre fosse differente da quello successivo alla caduta.
L'ecosistema precedente alla caduta non dipendeva nè da precipitazioni, nè da irrigazione (v. 5) poichè "un vapore veniva su dalla terra e adacquava l'intera superfice" (Genesi 2:6).
Genesi 13:10 conferma che Eden era un luogo ben irrigata l'Egitto.
L'espressione di Genesi 2:5 "l'erba (`esebh) della campagna" è presente anche nella maledizione pronunciata contro Adamo: "il suolo sarà maledetto per causa tua; ne mangerai il frutto con fatica tutti i giorni della tua vita. Esso ti produrrà spine e triboli, e tu mangerai l'erba dei campi; mangerai il pane col sudore del tuo volto, finché tu ritorni alla terra perché da essa fosti tratto; poiché tu sei polvere, e in polvere ritornerai" (Genesi 3:17b-19). In questo brano "l'erba del campo" si riferisce alle coltivazioni di cereali con cui è fatto il pane.
In Es. 9:22-25;
10:12-15 la frase "`esebh del campo" si riferisce alle coltivazioni di cereali distrutte dalle piaghe .
Specifici esempi di "`esebh della campagna" sono orzo, mais, grano, (9:31-32). Mosè usa il termine anche per far riferimento alla pastura delle mandrie (Deuteronomio 11:15).
Dopo avere creato Adamo ed Eva, Dio dice: «Ecco io vi do ogni erba
(`esebh) che fa seme sulla superficie di tutta la terra e ogni albero che abbia frutti portatori di seme; questo vi servirà di nutrimento" (Genesi 1:29).
Prima della caduta , Dio provvede all'uomo frutto dagli alberi del giardino come cibo (Genesi 2:9). Dopo la caduta, l'uomo è scacciato dal giardino e il pane diventa il suo cibo principale. Adamo sarebbe stato costretto a coltivare "`esebh del campo" per procurarsi il necessario per il proprio sostentamento.
Genesi 2:5 presenterebbe il contrasto tra lo stile alimentare prima della caduta e quello dopo.
L'esistenza post-caduta è caratterizzata da "spine e triboli", probabilmente ad essa si fa riferimento in Genesi 2:5, dove è detto: "alcun arbusto
(siah) della campagna era ancora spuntato", i brani in cui il termine "arbusto" è usato (Genesi 21:15; Giobbe 30:4,7), fanno sempre riferimento agli arbusti del deserto o a spine.
Quando nessuno coltiva la terra, essa diventa desolata e si copre di spine e triboli, a causa della maledizione di Genesi 3:8.

(autore: Domenico Iannone)