E' legittima la pratica della decima?
di Domenico Iannone

Nel 1923 l’antropologo francese Marcel Mauss, pubblicò uno studio che sarebbe diventato uno
dei capisaldi delle scienze sociali contemporanee: il “Saggio sul dono”. Analizzando la
funzione dello scambio dei doni nelle società primitive, Mauss affermava che il modo in cui i
doni venivano fatti, rispecchiava l’ordine, i valori e le convinzioni di fondo di un gruppo
sociale.
Per Mauss, il dono era il «fatto sociale totale», l’atto che racchiude in sé la carta d identità di
una società, la dinamica sociale legata ai doni è lo specchio di un insieme di persone e ne
riflette i connotati fondamentali. Attraverso l’esame di come e perché i doni vengono fatti si
può capire il come ed il perché una società esiste. I credenti sono definiti, dalla modalità del
loro “dare”.


“Per mezzo di Gesù, dunque, offriamo continuamente a Dio, un sacrificio di lode: cioè il frutto
di labbra che confessano il suo nome. Non dimenticate poi di esercitare la beneficenza e di
mettere in comune ciò che avete; perché è di tali sacrifici che Dio si compiace.” (Eb 13,15-16)

Essere cristiani significa essere adoratori dell'unico e vero Dio. Il culto da rendere a Dio è un
programma di vita che abbraccia tutta l’esistenza. La beneficenza e il mettere in comune i
beni, sono anch essi atti di culto e dunque “sacrifici”, cioè “offerte”, che il Signore gradisce e
che hanno piena cittadinanza nell’adorazione del credente.
La lode a Dio consiste in parole dette, e in somme date; adorare Dio significa avere sulle labbra
il nome di Dio e le mani colme di beni per Dio.
Nel Nuovo Patto, non c’è più un tempio di pietra, né valgono più le specifiche disposizioni
cultuali, ma resta il principio dell'adorazione come “sacrificio”, in cui l’offerente, nella sua
interezza di essere loquace e donante, celebra la grandezza del suo Dio. Lodare e dare sono
atti eminentemente liturgici.

Per decima si intende comunemente l'offerta del 10% delle proprie entrate in denaro. Nella
Legge Mosaica:

1) La decima poteva essere offerta: in denaro, in prodotti della terra (grano trebbiato, vino, olio
d'oliva Num. 18:27) e bestiame (lev. 27:31-32);

2) Se la decima era offerta in prodotti della terra, essa era passibile di “riscatto”, ossia il
corrispondente valore in denaro era accresciuto di 1/5 e offerto al posto dei prodotti (la decima
del bestiame non poteva essere riscattata Lev. 27:32-33).

3) Le decime non potevano essere consumate a casa propria (Deut. 12:17-18), ma dovevano
ogni anno, essere portate al luogo scelto dall'Eterno (il luogo dove sorgeva il santuario Deut.
14:22; 12:5, 6, 11) e ivi consumate dall'offerente e dalla sua famiglia oltre che dal levita
appartenente alla stessa città dell'offerente. Questo dato ci fa già comprendere che le decime
non erano offerte a beneficio dei soli leviti e sacerdoti, pertanto è erroneo affermare che
oggigiorno le decime debbono essere destinate in modo esclusivo ai ministri di Dio.

4) Nel caso il cammino da casa dell'offerente, al luogo scelto dall'Eterno, fosse stato troppo
lungo, le decime in natura potevano essere convertite in danaro, e una volta giunti al luogo,
riconvertite in generi alimentari, da consumare insieme alla propria famiglia destinando
quanto avanzava ai leviti (Deut. 14:22-27).

5) I leviti e i sacerdoti, dal canto proprio, prelevavano da quanto rimaneva della decima,
un'ulteriore decima parte per destinarla ad Aaronne, cioè alla famiglia del Sommo Sacerdote
(Num. 18:26-27).
6) Vi era un'ulteriore forme di decima (Deut. 14:28-29): ogni 3 anni l'israelita pio, evitava di
salire al luogo scelto dall'Eterno e metteva a disposizione dei leviti, degli orfani, delle vedove e
degli stranieri del proprio paese, la decima delle proprie entrate dell'anno in corso; a ciò faceva

seguito una confessione davanti all'Eterno (al luogo sacro, probabilmente in occasione di
qualcuna delle feste solenni annuali Deut. 26:12-15), con la quale attestava di avere donato tutto
quanto la legge prescriveva.

I dati sin qui esposti mostrano che la decima era un modo per costringere gli israeliti pii,
almeno una volta l’anno, a salire insieme alla propria famiglia, al luogo scelto dall’Eterno, cioè
al Santuario. Scopo di questo pellegrinaggio oltre che il gioire assieme come famiglia
consumando un pasto, era quello di assistere i sacerdoti e i leviti, donando loro generi
alimentari e talvolta delle somme in denaro (decima sostitutiva).

Il declino spirituale di Israele, venne contrassegnato dall'abbandono della pratica rituale al
Tempio, e dunque dall’abbandono della decima; Ezechia prese provvedimenti per restaurarla
(2Cron. 31:5, 12, 19).
Provvedimenti simili adottò anche il governatore Nehemia (Neh. 10:37-38; 12:44; 13:10-14), con
l'avallo del profeta Malachia (3:7-12). A proposito del brano di Malachia, che spesso è citato
per giustificare la pratica contemporanea della decima, va detto che costui censurava il
comportamento dei propri concittadini, che nonostante le chiare affermazioni della legge
mosaica, si comportavano da infedeli.

Gesù prima della propria crocifissione, ha osservato non soltanto la pratica della decima, ma
anche tutto il rimanente delle prescrizioni rituali; infatti egli offriva sacrifici al tempio,
mandava i lebbrosi mondati a farsi vedere dai sacerdoti, celebrava le feste giudaiche, offriva il
“testatico” al Tempio.
In Giovanni 5:46, Gesù rivolto ai Farisei, afferma: “chi di voi mi convince di peccato”, dove per
questi zelanti della legge, “peccato” era la più piccola infrazione ad essa; ciò testimonia dello
zelo del Cristo, per la messa in pratica della legge mosaica.
In Luca 11:42, Gesù afferma, contestando la pratica farisaica di prendere la decima persino
dalle erbe più insignificanti, che senza tralasciare la decima, bisognava praticare giustizia e
amore di Dio; più radicale il brano parallelo in Matteo 23:23 : bisognava praticare cose ben più
gravi (importanti), quali la giustizia, la fede, la misericordia.
Tali brani però non significano, che Cristo abbia con la propria morte lasciato la pratica della
decima invariata. Cristo morendo sulla croce ha abolito il rituale del santuario, e con esso tanto
la necessità di presentare sacrifici per ottenere il perdono dei peccati, quanto la necessità di
sostentare una classe di sacerdoti e leviti.

Possiamo concludere affermando che la decima era stata istituita per: 1) orientare il cuore degli
israeliti al luogo scelto dall'Eterno, affinchè non sacrificassero ad altri dèi, e potessero ricevere
istruzione (Deut. 12:5); 2), e sostentare sacerdoti e leviti, che si occupavano prioritariamente
del rituale sacrificale (Num. 18:31).

Nel Nuovo Testamento, non viene prescritto il versamento della decima (infatti abolito il
rituale levitico, abolito il fine principale della decima).
La decima potrebbe essere considerata una sorta di regola di disciplina personale, una pratica
fondata sulla necessità di pianificare le proprie uscite destinate a far fronte ai bisogni della
comunità alla quale si appartiene: in questo caso pur non trovando una piena ratifica biblica la
decima potrebbe avere qualche utilità. Anche se bisogna ricordare la regola d’oro: “Ciò che la
Bibbia non autorizza, in realtà proibisce.”
Sicuramente la decima non ha valore costrittivo per il credente, ed ogni tentativo di inserire
questo precetto tra quelli ritenuti necessari per una sana sottomissione a Dio, deve essere
considerato del tutto illegittimo. Pertanto non dare la decima, non significa “derubare Dio”!
La regola cristiana del “dare”, dovrebbe essere quella proposta da Paolo in 2Cor. 9:7 “Dia
ciascuno come ha deliberato in cuor suo; non di mala voglia, né per forza, perché Dio ama un
donatore gioioso.”