La morte di Cristo quale Espiazione, Propiziazione, Redenzione.

di Domenico iannone


I pagani credevano che gli dèi fossero sempre irati nei confronti degli uomini e quindi, sempre bisognosi di essere placati (propiziati). I sacrifici offerti loro avevano la funzione di blandirli e rassicurarli a proposito della devozione dell’offerente. Solo in parte tale insegnamento si ritrova nella teologia biblica del sacrificio propiziatorio. Nello stesso tempo i sacrifici erano intesi come una sorta di potente “disinfettante”, che purificava l’essere dell’offerente dalla colpa. Anche in questo caso, solo in parte tale insegnamento si ritrova nelle Sacre Scritture.

Le dottrine bibliche dell’espiazione e della propiziazione poggiano su 2 principi fondamentali:  senza spargimento di sangue non vi è remissione” (Ebr. 9:22) e “Iddio non terrà il colpevole per innocente” (Es. 34:7).

Cristo quale “espiazione”.

Il termine “espiare” è la traduzione latina del termine ebraico cafar il cui significato letterale è quello di “coprire” (es: il brano di Gn. 6:14). In seguito il termine assunse il senso di “togliere”, “cancellare”, “fare la riparazione”. Con tale terminologia si desiderava attirare l’attenzione sul fatto che per il tramite dei sacrifici offerti nel luogo scelto da Dio, il peccato era in qualche modo allontanato dalla vista di Dio. Nell'AT il Signore ha anticipato, per il tramite di immagini, tutto quanto Cristo avrebbe realizzato sulla croce e lo ha fatto tramite le figure dei sacrifici offerti all'altare, il rituale del giorno dell'espiazione, l'agnello pasquale, il tabernacolo. In tutte queste figure è centrale l'utilizzo del sangue di animali. Per l'israelita il sangue è la vita della carne (Gn. 9:4; Lv. 17:11, 14) e perdere il sangue equivaleva a perdere la vita. La morte di Cristo è un'espiazione poiché essa copre, cioè toglie via allontanandolo dalla vista da Dio, il peccato dell’uomo. L’espiazione offre a Dio la possibilità di perdonare, ponendo sull'innocente Cristo la pena destinata all'uomo peccatore.

Cristo quale “propiziazione”.

I termini propiziazione (ilasmos) ed propiziare (ilaskomai) vengono applicati al Cristo nei brani di: Rom. 3:25; Ebr. 2:17; 1Gv. 2:2; 4:10; dove si fa esplicito riferimento al rituale sacrificale dell'AT.Il  termine “propiziazione”, traduce ben 83 volte nell’AT l’ebraico kipper, e nel suo conteso significa normalmente “allontanare la punizione, specialmente l’ira divina, col pagamento di un kopher, o riscatto”, o nell’uso cultuale “compiere la riconciliazione tra Dio e l’uomo”. Anche la propiziazione fa riferimento alla morte di Cristo e al rituale sacrificale levitico. Ciò che rispetto all’espiazione è sottolineato, è il fatto che con il sacrificio di Cristo, le esigenze di un Dio tre volte santo, adirato nei confronti dell’uomo peccatore, sono soddisfatte.

Cristo quale “riscatto e redenzione”.

La morte di Cristo è presentata anche quale un riscatto pagato a Dio per ottenere la salvezza degli uomini (Mt. 20:28; Mc. 10:45; 1Tim. 2:6; 1Cor. 6:19-20; At. 20:28; Gal. 3:13; Tito 2:14; 1Pt. 1:18-19; 2:1; Ap. 5:9). Mentre è privilegio dei discepoli “perdere” la propria vita nel servire il Signore (Mat. 10:39; Lc. 9:34) solo il Signore “diede” la propria vita volontariamente per il proprio popolo (Gv. 10:15; Gal. 2:20). Il termine “riscattare” significa, pagare un prezzo per la liberazione di qualcuno, il termine affine nel significato è “redimere”, “donare la redenzione”. Nell'antichità quando uno schiavo veniva reso libero dal proprio padrone si diceva, appunto, che egli era stato “redento”. La Bibbia insegna che Cristo è il nostro Redentore e Riscattatore, e che Egli ha acquistato la nostra redenzione ad un prezzo tremendo, quello della sua stessa vita. L'uomo è incapace di redimere sè stesso o altri uomini, essendo incapace di pagare il prezzo che la redenzione dal peccato implica. L'uomo peccatore è presentato come schiavo del peccato e del diavolo, incapace di fare il bene secondo la volontà di Dio e dunque di piacerGli. Nonostante questo, il prezzo di riscatto non è pagato da Cristo al diavolo, ma a Dio che in tal modo è placato nei confronti dell'uomo peccatore.

Afferma B.B. Warfield in Biblical Doctrines Pag. 342, “Lutron, usato normalmente al plurale Lutra, designa una identificazione, una peculiare compensazione, data per una cessazione di diritti su una persona o una cosa (riscatto). Il termine è usato per il denaro dato per riscattare un campo (Lev. 25:24), la vita di un vitello che dovrebbe essere ucciso (Es. 21:30), la vita di un primogenito ((Nm. 3:46, 48, 51; 18:15), la vita di chi è stato arrestato per un procedimento giudiziario (Nm. 35:31-32), la vita di chi è fatto oggetto di vendetta (Prov. 6:35), ect. Il termine è anche usato per indicare il riscatto dato per la redenzione dalla cattività o dalla schiavitù (Lev. 19:20; Is. 45:13)”.

Il peccato di Adamo fa si che la schiavitù in questione si trasmetta a tutti i suoi discendenti. Allo stesso modo, il riscatto e l'espiazione realizzati dal Cristo con la propria morte si trasmettono a tutto il suo popolo (Rom. 5:12-19; 1Cor. 15:22), poichè sembra legittimo affermare che Cristo è venuto a morire soltanto per quelli che la Scrittura chiama “Suo popolo”, “mio popolo”, “le pecore”, “la chiesa”, “molti” e altri termini che significano meno che l'intera razza umana. (Mat. 1:21; 20:28; Is. 53:8, 12; Gv. 10:11, 15, 26; 17:9; At. 20:28; Ef. 5:25; Ebr. 9:28; Ap. 21:2,9).

La dottrina della morte del Cristo è soggetta a diverse false interpretazioni.

I concetti di espiazione-propiziazione-redenzione, sono ampiamente determinati, in quanto al loro significato teologico, dalle profonde percezioni di bisogno che gli uomini esprimono, ossia da ciò rispetto a cui essi desiderano essere salvati/liberati. Possiamo individuare tre bisogni fondamentali della natura umana: liberazione dall’ignoranza, dalla miseria e dall’oppressione del peccato, a cui corrispondono altrettante correnti di pensiero: acquisizione di conoscenza (gnosticismo, abelardismo), inaugurazione di un regno di felicità (millenarismo), liberazione dalla maledizione del peccato (perfezionismo, anti-nomismo).

1) La teoria dell'influenza morale, afferma che Cristo morì per impressionare gli uomini a proposito dell'amore e della dolcezza di Dio, portando in tal modo i loro cuori al pentimento. Cristo muore per mostrare l'amore di Dio verso dei figli ingrati. L'espiazione quindi non possederebbe lo scopo di allontanare il peccato dalla vista di Dio, mentre la propiziazione, non possederebbe di riconciliare Dio con l’uomo - permettendo all'uomo pentito di avere comunione con Lui - ma la morte di Cristo avrebbe quale unico scopo scopo, quello di suscitare nei peccatori un impulso al ravvedimento per avere tanto a lungo trascurato Dio. La morte di Cristo è solo un martirio, una sorta di simbolo del fatto che Dio si fa in qualche modo carico delle varie sofferenze che l'esistenza umana inevitabilmente comporta. L'esempio di Cristo esorterebbe il credente a condividerne l'esempio sino all'estremo del martirio. La conseguenza è pelagiana: l'uomo può salvare sè stesso se solo si sforza di seguire l'esempio del Cristo! Questa dottrina riposa sull'assunto che Dio è soltanto amore e che l'uomo possa essere perdonato semplicemente pentendosi, essendo l'abisso della morte spirituale colmabile dalla “volontà di redimersi” che è connaturata alla natura umana. Ma non risulterebbe comunque difficile avere a che fare con un Dio che consegna alla morte un innocente solo per dare un buon esempio? La storia di tale teoria mostra con quanta difficoltà i suoi assertori riescano a tenere in piedi dottrine quali quella del peccato che a causa di Adamo si è esteso a tutta l'umanità, della divinità di Cristo che è negata (Cristo è solo un uomo devoto a Dio e amico del genere umano), dell'ispirazione dell'AT e del NT che vengono ritenuti grossolani lì dove trattano la dottrina del perdono di Dio solo per il tramite del sangue, della giustificazione per la quale l'uomo è considerato giusto sulla base della fede nel sacrificio di Cristo a prescindere dalle buone opere.

2) La teoria governamentale, afferma che Dio può liberamente perdonare il peccatore senza necessitare di alcun sacrificio espiatorio, ma, che Egli al fine di conservare un certo grado di disciplina, non può ammettere che il peccato venga perdonato, senza essere in qualche modo punito. La morte di Cristo è soltanto un avvertimento dato agli uomini affinchè riflettano sull'impegno di Dio a fare in modo che le leggi che governano l'universo vengano rispettate. Lo spettacolo della morte di Cristo sarebbe, in pratica, solo un deterrente per scoraggiare l'uomo dal commettere peccato. Inoltre Dio avrebbe anche abbassato lo standard richiesto per essergli graditi, non più una totale messa in pratica della legge mosaica, ma piuttosto fede e un ragionevole numero di buone opere. Certamente tale teoria insegna, in linea con le Scritture, che Dio non può permettere che il peccato resti impunito, ma essa disconosce la possibilità che vengano addossati al Cristo i nostri personali peccati e che Cristo possa applicare ai credenti i benefici espiatori della sua morte. Dio punirebbe un innocente (Cristo) solo per impressionare gli uomini. Questa teoria insegna che l'odio che Dio prova per il peccato possa essere superato richiedendo una pena minore di quella che originariamente Dio stabilisce contro di esso. Inoltre l'uomo è messo nella posizione di poter cambiare da solo la propria natura peccaminosa necessitando solo di buoni esempi da parte di Dio.

3) La teoria mistica, (attribuibile all’idealista tedesco, Schleiermacher) insegna che Cristo assunse con l'incarnazione la corruzione della natura umana, purificandola con la potenza della propria divinità ed estendendo ai credenti i benefici di tale purificazione. Secondo altri, tale purificazione si sarebbe gradualmente attuata durante la vita terrena del Cristo e sarebbe culminata con la sua morte.Secondo altri ancora, i benefici di tale purificazione condurranno i credenti alla deificazione. Certamente la Scrittura insegna che i credenti sono uniti al Cristo e partecipi della Sua natura, ma tale unione è resa possibile non dall'incarnazione del Cristo, ma dall'opera dello Spirito Santo. Tale teoria non dona enfasi alla morte e alla sofferenza del Cristo, e risulta essere solo una forma di panteismo.